venerdì 7 novembre 2008

Credit Crunch (prima parte)


Da un po’ di tempo a questa parte, sentiamo parlare di crisi finanziaria, e delle future ripercussioni che essa avrà sull’economia reale. Come ben sappiamo, la crisi è entrata nella quotidianità a seguito di un fatto: la bancarotta di una delle più importanti banche d’affari americane, la Lehman Brothers, il 15 settembre. Tale evento è il frutto di una scellerata politica finanziaria, che affonda le sue radici ai tempi della presidenza Clinton; ma se vogliamo andare più in là, dobbiamo rintracciare i prodromi negli anni ’80.
Per limitarci ai tempi a noi più vicini, dobbiamo analizzare cosa accadde nel mondo finanziario americano tra 1999 e il 2006. All’epoca, presidente della Fed (Federal Reserve), la banca centrale degli Stati Uniti, vi era Alan Greenspan, il quale la dirige dal lontano 1987. Costui, negli anni ’90, si costruì l’impeccabile fama di “uomo dei miracoli”, perché, grazie a ingegnose manipolazioni dei tassi di interesse, che rimasero bassi per tutto il decennio, riuscì a guidare la più grande economia del mondo, assicurandole una crescita stabile e duratura. Una sì favorevole situazione permise alla banche, sia commerciali che d’affari, di confidare, non solo sulla stabilità dell’economia, ma anche su una stabile crescita del reddito delle famiglie americane. Infatti, grazie ai bassi tassi di interesse, le banche potevano indebitarsi a basso costo (le banche, per finanziarie ogni mutuo, reperiscono il denaro nel mercato interbancario, il quale si basa su scambi di liquidità tra banche) e quindi concedere mutui per la prima casa, favorendo il mercato edile e l’occupazione. Una delle cause dell’indebitamento massiccio delle banche, oggi, è da rintracciare in tale sistema.
Ossia, le banche, per reperire liquidità, non solo scambiano elettronicamente denaro tramite depositi o conti correnti interbancari, ma anche cedendosi vicendevolmente “titoli derivati” (swap), il tutto con la contropartita che il debito verrà saldato in breve tempo. Vieppiù, la banche avevano la certezza che, anche se il consumatore non riusciva pagare le rate del mutuo, potevano sempre contare sull’ipoteca sulla cosa. Un simile stato delle cose poté funzionare perfettamente fino al 1999. Questa data è importante perché, in quell’anno, il presidente Clinton promulgò una importante riforma bancaria, con la quale vennero depotenziati i controlli sul mercato finanziario. Cioè, la Fed rimaneva supervisore del sistema finanziario, ma tale legge limitava il controllo sulle banche d’affari (dette anche d’investimento), sulle quali rimaneva a vigilare la Sec (omologa americana dell’italiana Consob, l’organismo pubblico di controllo sulla borsa e le società).
L’anno dopo, sempre Clinton, deregolamentò un altro importante mercato, quello dei Swap. I swap sono dei contratti tra privati, con il quale l’investitore-acquirente si protegge dal rischio che il titolo o il credito acquistato non venga rimborsato alla scadenza. Quindi una forma di assicurazione, che gioca sul rischio; e qui sta un’ulteriore perversione del sistema. Questo perché tali contratti, a loro volta, hanno un loro mercato, nel quale sono oggetto di compravendita, generando così un’elevata speculazione sul loro valore.
Riassumendo, la deregolamentazione del mercato dei swap, combinato al loro immenso potenziale speculativo, hanno aumentato vertiginosamente la speculazione finanziaria, aumentando la tipologia dei swap, nel giro di poco tempo. Principali artefici di queste perversioni furono le banche d’affari, le quali assoldarono giovani menti per produrre questi “pacchetti”. Solo per citarne alcune: Lehman Brothers, Citigroup, Merryll Lynch etc … .La seconda legge produsse un ulteriore ribaltamento nel sistema dei controlli. Infatti, ora i due istituti che prima o citato, la Fed e la Sec, non hanno più il controllo sull’attività di questi operatori finanziari, perché, dice testualmente la legge, si richiede alle banche d’investimento di “autoresponsabilizzarsi ed autoregolamentarsi”. In questo contesto si inserisce l’amministrazione Bush la quale, dopo gli attentati dell’11 settembre, per sostenere l’economia, che rischia la stagnazione e il crollo dei consumi, decise di incentivare l’acquisto della prima casa a chi aveva redditi bassi ovvero un lavoro precario; per stimolare la circolazione di denaro, pur mantenendo sempre i tassi di interesse bassi. Chiamate a sostenere questa politica furono due soggetti, allora semi-pubblici, ora interamente pubblici, di cui abbiamo già sentito parlare, Fannie Mae e Freddie Mac, le quali riacquistavano la metà dei mutui stipulati dalle società finanziarie e dalle banche commerciali. Questa cessione, che era una pura e semplice compravendita, permetteva alla banche di rifinanziarsi e finanziarie nuovo mutui. Ma al contempo, tali banche garantivano i mutui, ai due soggetti semi-pubblici, con le ipoteche gravanti sulle case, quindi giocando sul valore delle stesse. Questo è un altro punto dolente del sistema, il quale provocherà un aumento impressionante dei prezzi delle case, creando la cd “Bolla immobiliare”.
Mirko Iodi

1 commento:

Anonimo ha detto...

ora il pericolo più grande è che le aziende, anche quelle economicamente sane ed in grado di creare valore, vadano in crisi di liquidità di breve periodo. x fortuna almeno la BCE si è decisa ad abbassare un pò i tassi d'interesse..