mercoledì 13 agosto 2008

L’arresto di Karadžić


Con l’arresto di Karadžić si intravedono grandi cambiamenti sulla scena politica serba. Chi esce battuto da tutta questa vicenda non è tanto l'ex presidente della RS ma i radicali, il maggior partito della destra nazionalista, ormai destinato ad un drastico ridimensionamento.
Radovan Karadžić, l’ex leader dei serbi di Bosnia e accusato dal Tribunale penale dell’Aja, sta trascorrendo la sua prima settimana nel carcere di Scheveningen, preparandosi per la difesa. Nella sua prima comparsa davanti al tribunale, Karadžić si è rifiutato di rispondere all’accusa di genocidio e di crimini contro l’umanità nei confronti della popolazione non serba durante la guerra in Bosnia Erzegovina. L’accusato si è appellato al diritto di rimandare di trenta giorni la sua dichiarazione di fronte ai giudici, fornendo come spiegazione la necessità di preparare la difesa sull’accusa allargata già annunciata dal capo procuratore Serge Brammertz. La prosecuzione del processo è stata fissata per il 29 agosto. Karadžić ha dichiarato che si difenderà da solo, cosa che ha già fatto durante la prima udienza. Egli ha esposto una serie di accuse sul conto della Serbia ed anche sul conto degli ex alleati occidentali. Nonostante l’avvertimento del giudice Alphons Orie che non tollererà alcuna ostruzione e politicizzazione del processo, Karadžić ha ribadito tranquillamente che più dell’accusa teme che la mano lunga dei servizi americani possa tentare di eliminarlo mentre è in carcere.
Karadžić e il suo team legale di Belgrado affermano che l’arresto è stato eseguito tre giorni prima che venisse resa nota la notizia, aggiungendo che ci sono state parecchie irregolarità nella procedura del suo arresto e nella consegna al Tribunale dell’Aja. Tuttavia, la parte che ha destato più attenzione di tutto ciò ha detto a Karadžić, riguarda le indiscrezioni sul fatto che gli era stato garantito che non sarebbe stato processato all’Aja. Karadžić afferma che con l’allora inviato speciale Richard Holbrooke e il governo degli USA aveva raggiunto un accordo sul suo ritiro dalle funzioni pubbliche e sulla possibilità di implementare l’Accordo di Dayton. In cambio, a Karadžić sarebbe stato garantito che non sarebbe stato estradato all’Aja. Karadžić ha aggiunto che lo State Department aveva cercato di impedire che l’accusa venisse sollevata, ma ci fu il rifiuto dell’allora capo procuratore Richard Goldstone.
La tesi dell’accordo con Radovan Karadžić non è nuova. Se ne è già parlato negli anni scorsi, e la magistratura serba per i crimini di guerra ha indagato sulle supposizioni relative a questa accusa, ma l’esistenza di documenti che confermerebbero la versione di Karadžić non è mai stata dimostrata. In una dichiarazione per la CNN, Richard Holbrooke ha negato fermamente le supposizioni. Holbrooke sostiene che l’unico accordo raggiunto fu con l’allora presidente della Serbia Slobodan Milošević, con il quale si era stabilito che Karadžić dovesse abbandonare le sue funzioni pubbliche.
Il perdente maggiore non è Radovan Karadžić. I veri perdenti, ancora una volta negli ultimi sei mesi, sono i rappresentanti del Partito radicale serbo (SRS). A Belgrado si insiste parecchio sul fatto che il meeting organizzato dal SRS in difesa di Karadžić è stato probabilmente l’inizio della fine del SRS come lo abbiamo conosciuto dagli anni novanta ad oggi.
Secondo uno schema già vecchio, sintetizzando molto le cose, l’SRS era un partito di destra. Proprio come il Partito democratico della Serbia (DSS) e Nuova Serbia (NS). Oggi, la destra in Serbia non c’è più, dicono gli esperti, ma c’è un ampio spazio per far sì che si formino dei partiti di destra. La formazione politica che lo capirà avrà un notevole bacino di elettori in futuro. Ma non sarà di sicuro un partito che continua a parlare di nazionalismo, serbità, tradimenti, divisioni, non sarà quel partito per il quale l’unico punto del programma è il Kosovo. Quel tempo ormai è passato.
Chiara
per saperne di più www.osservatoriobalcani.org

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La situazione dopo anni di distanza è ancora davvero poco chiara, piena di luci e ombre.. Un grigio dei meno rassicuranti.. Il ruolo dell'occidente in quel che è successo è stato ben più pesante di quel che si può pensare e ancora ha degli strascichi ai giorni nostri.. D'altronde i Balcani si trattano sempre delle porte d'Europa.. Di certo l'arresto di Karadzic rappresenta finalmente un nuovo corso della politica serba, sospinto anche dal risultato delle ultime elezioni.. E positivo è anche il fatto che un tale criminale, quand'anche ci fossero accordi differenti, sia arrivato all'Aja. L'unica è continuare per questa strada: consegnare i carnefici alla giustizia ed avviare un processo di integrazione nell'UE per tutti gli stati balcanici con i relativi tempi e distinguo.

Anonimo ha detto...

Ciao Pietro, innanzitutto grazie per contribuire spesso alla discussione nel blog.. Peccato sia pieno periodo di ferie, altrimenti avremmo potuto creare un'iniziativa sul tema dei balcani, partendo appunto dall'arresto di Karadzic. Siccome sappiamo che tu conosci bene l'argomento, lancio l'idea di pensare assieme a te se ti va, ad un'iniziativa di questo tipo da fare appena riprendiamo l'attività

Anonimo ha detto...

Ciamo Mattia! Figurati è un piacere contribuire al blog! Comunque accetto volentieri la proposta, sarebbe un'ottima cosa! Servirà anche a dare un segnale che noi giovani, se anche i media nn ne parlano più, nn dimentichiamo quel che è successo e succede tuttora nei Balcani.. Dopo la questione del Kosovo sembra che sia tutto a posto ma in realtà come vi raccontavo di ritorno dal mio viaggio la situazione è ancora calda e finché nn sarà raffreddata e contenuta all'interno di schemi internazionali ed economici potrebbe riservarci ancora brutte sorprese..